Penciclopedia

Se la penna vi interessa più della spada

Un legame interessante

Scritto il 14 Febbraio, 2012 | da | 1 Comment

Tempo fa, nel cercare fra i brevetti a livello internazionale, avevo notato un brevetto di Armando Simoni, registrato nel 1930 in Francia,  Inghilterra e negli Stati Uniti, di un particolare sistema di caricamento in cui il pulsante sul fondo della penna invece di essere premuto doveva essere ruotato.

Non avendo mai visto questi caricamento su nessuna Omas ho pensato a lungo che si trattasse di uno dei tanti brevetti di sistemi di caricamento presentati e registrati, ma poi rimasti inutilizzati, come questo brevetto della Sheaffer o quest’altro brevetto della Parker.

Ma nel cercare informazioni sui pochi testi disponibili al riguardo della pretestuosa asserzione che un fan della SAFIS ha messo sull’inserto “Penna Vintage” (di cui abbiamo già parlato nel precedente articolo), mi è capitato di  notare, sul prezioso testo di Letizia Jacopini sulla storia della stilografica italiana, una illustrazione del brevetto N° 268827 (come riportato nel testo), che la The King ha usato per un caricamento che potrebbe essere chiamato “a rotore di fondo”, adottato suoi modelli in stile Duofold di fascia più alta.

Lo schema di questo caricamento è riportato in una illustrazione del frontespizio del catalogo The King ritrovato negli archivi della Omas, riportato a pag. 123 nel secondo volume del libro di Letizia Jacopini, che rappresenta una delle poche evidenze documentali al riguardo di questo marchio.

Brevetto di Armando Simoni usato dalla The King

Brevetto di Armando Simoni usato dalla The King

E benché nel catalogo sia disegnato nell’altra direzione si tratta in maniera piuttosto evidente dello stesso caricamento brevettato da Armando Simoni nel 1929 (almeno secondo quanto riportato nel brevetto francese) di cui si è riportata sopra l’illustrazione. Un brevetto che a quanto pare è rimasto tutt’altro che inutilizzato, e che a questo punto fornisce anche una giustificazione per i motivi della conservazione di un catalogo di un concorrente negli archivi della Omas.

Purtroppo nel nostro paese la consultazione on-line dei brevetti, che è libera in tutta Europa, pare persa nei meandri della burocrazia, ma se qualcuno avesse tempo da spendere  (e anche probabilmente denari, visto che dubito sia gratuita) potrebbe levarsi la curiosità di andare a guardare negli archivi cartacei chi è l’intestatario di del brevetto N° 268827 (quello italiano, nei brevetti europei infatti questo numero non risulta).

Il punto comunque è quello che mostra che la The King ha prodotto modelli che usano un brevetto di Armando Simoni,ed è già un secondo caso, oltre quello della penna del dottore marchiata The King, in cui l’azienda Torinese si mostra in debito tecnologico nei confronti del fondatore della Omas. Cosa che smentisce in maniera ancora più consistente la strampalata affermazione per cui la produzione iniziale della Omas sarebbe stata eseguita dalla SAFIS.

Una attribuzione azzardata

Scritto il 6 Febbraio, 2012 | da | 3 Comments

Della riproposizione della nota bufala della macchia di inchiostro di Waterman, e degli errori contenuti in quel vecchio articolo ripubblicato su Penna Vintage ho già parlato in precedenza. Ma se in quel caso si poteva se non altro addurre l’attenuante di aver semplicemente ristampato un vecchio articolo, ci si aspetterebbe, almeno sui contenuti creati per l’occasione, un minimo di attenzione in più alla verifica della attendibilità storica delle affermazioni che si fanno.

Purtroppo, almeno in un altro caso, pare che non sia così, e, sia pure in maniera molto meno plateale, si ritrovano affermazioni azzardate e storicamente senza nessun fondamento. Ora fintanto che si resta nella discussione sulle opinioni personali certe affermazioni possono anche starci, posto che emerga chiaramente che di opinioni si tratta, ma quando vengono scritte su una rivista come se fossero dati di fatto assumuno una rilevanza completamente diversa.

Veniamo al punto: nello scorrere le foto di alcune penne italiane riproposte alla fine dell’inserto, trovo a pag. 42-43 la descrizione di una Artil Ogiva by S.A.F.I.S. nella quale si afferma, riportato testualmente di seguito (il neretto è mio):

Prodotte nell’area industriale di Settimo Torinese, o come in questo caso da S.A.F.I.S., già madre di nomi importanti come The King, Radius, Astura, The Scotland e della prima produzione Omas.

Sulla attribuzione dei marchi Astura e Radius a SAFIS esistono pochi dubbi e comunque il fatto ha delle inequivocabili risultanze documentali. Fino a poco tempo fa invece ne esistevano diversi sull’origine del marchio The King, anche se ormai si può considerare totalmente accertato (ma su questo tornerò in un’altra occasione) che si tratti della stessa azienda, a quanto pare costretta a cambiare nome in SAFIS (Società Anonima Fabbrica Italiana Stilografiche) per la italianizzazione dei nomi imposta dal regime fascista.

Se quindi si può dare per buona la attribuzione alla SAFIS dei marchi Astura, Radius e The King (anche se in realtà The King non era, almeno agli inizi, un marchio, ma il nome dell’azienda), è quantomeno azzardato, se non assolutamente velleitario, definirla la madre della prima produzione Omas.

Penna del dottore "The King"

Se infatti esistono delle testimonianze di un qualche legame fra le due ditte, come il ritrovamento di un catalogo della The King negli archivi della Omas (citato nel libro di Letizia Jacopini) e come la penna del dottore marchiata The King riportata sopra, non si capisce bene sulla base di quale ragione dovrebbe essere stata la SAFIS a produrla per la Omas e non viceversa, tenuto conto che il brevetto è della Omas (come chiaramente mostrato nella foto) e che, particolare non trascurabile, la Omas è stata fondata nel 1925 e la “Società Anonima Pennini King” nel 1926.

Assai poco probabile è pure l’attribuzione della produzione The Scotland, marchio registrato dalla “Stiassi e Tantini” di Bologna nel 1920, alla SAFIS che per sei anni non sarebbe neanche esistita. Sulla produzione di questo marchio ci sono poche certezze, e molti lo ritengono derivante da produzioni esterne attribuite a talvolta a Omas, talvolta a Montegrappa, ed in questo caso anche a SAFIS, ma nessuno finora è stato in grado di confermare queste attribuzioni con una qualche evidenza documentale.

Concludendo pare che l’autore del trafiletto abbia una opinione assai alta della SAFIS (che peraltro ha prodotto penne di altissima qualità). Ma prima di pubblicare affermazioni azzardate sul fatto che sia stata in grado di produrre penne per marchi che esistevano da prima di lei ci vorrebbe come minimo un po’ di ricerca storica portando un qualche riferimento documentale, specie se si fanno delle sparate colossali come quella per cui sarebbe la madre della prima produzione Omas.

Un confronto fra pennini fini

Scritto il 1 Febbraio, 2012 | da | 4 Comments

Grazie alla collaborazione con gli amici della Casa della Stilografica inzierò con questo articolo una serie di prove comparative fra diversi pennini marcati come fine, per evidenziarne il meglio possibile le differenze fra i diversi tratti che da questi si possono ottenere.

Per mantenere una coerenza nei risultati si utilizzerà sempre lo stesso inchiostro (Parker Quink Blu) e la stessa carta (blocco di prova della Lamy, carta liscia da 80gr). Tutte le penne sono provate per intinzione. Per ciascun pennino si esprimerà una valutazione su quattro caratteristiche con una cifra compresa fra 0 e 5:

  1. finezza: quanto il tratto risulti effettivamente sottile, le scansioni potranno permettere a tutti di fare raffronti diretti.
  2. scorrevolezza: in questo caso ci si dovrà basare sulla opinione personale dello scrivente, essendo un parametro che non si riesce a riportare facilmente in fotografia…
  3. flusso:  in questo caso si intende valutare la stabilità e la appropriatezza del flusso, i ghirigori fatti nelle scansioni permettono di apprezzare eventuali salti.
  4. flessibilità: un bonus che se presente è opportuno evidenziare dato che con la scrittura fine gli effetti sono i più evidenti, si sono provati un po’ di tratti verticali variando la pressione
Confronto fra pennini fini

Confronto fra pennini fini Sailor Sapporo e Parker Sonnet

Il primo test ha visto il confronto fra 5 diversi modelli di stilografiche, le prime due sono state questa Sailor Sapporo e una di queste Parker Sonnet, il risultato è illustrato nella scansione riportata sopra. La Sailor Sapporo si è dimostrata una delle migliori del lotto, scorrevolezza perfetta, scrittura molto fine con un flusso sempre perfettamente appropriato. Il pennino resta comunque un pennino rigido,.La sua valutazione è la seguente:

  • finezza: 4.5
  • scorrevolezza: 5
  • flusso: 5
  • flessibilità: 0

La Parker Sonnet mantiene una buona scorrevolezza, ma con tutta la buona volontà non la si può classificare certo una “fine” scrittrice. Il tratto è molto ampio, ulteriormente allargato da un flusso molto abbondante in maniera per me davvero eccessiva (ed inadatta ad un fine), il pennino è assolutamente rigido. La sua valutazione è la seguente:

  • finezza: 0
  • scorrevolezza: 3
  • flusso: 1
  • flessibilità: 0
Confronto fra fini

Confronto fra fini, Faber Castell Emotion - Pilot Falcon

Il secondo gruppo di penne è costitituito da questa Faber Castell E-Motion, e da questa Pilot Falcon (stesso modello recensito in precedenza), e di nuovo si è riportata sopra la scansione dei risultati. La Faber Castell presenta un tratto sicuramente più sottile rispetto alla Parker, ma nettamente più largo rispetto alle concorrenti giapponesi, nei cui confronti mantiene una scorrevolezza buona, ma sensibilmente inferiore. Il flusso è corposo ma più appropriato rispetto alla Sonnet e non presenta difetti, il pennino è rigido. La sua valutazione è la seguente:

  • finezza: 3
  • scorrevolezza: 3
  • flusso: 3.5
  • flessibilità: 0

La Pilot Falcon presenta una scorrevolezza impeccabile, anche se leggermente inferiore rispetto alla Sailor, ed un flusso appena più magro, ma comunque senza nessuna incertezza. Il tratto risulta anche in questo caso veramente fine. Un bonus notevole è invece la flessibilità del pennino, rivelatasi migliore di quella dell’estrafine provato nella recensione citata. La sua valutazione è la seguente:

  • finezza: 4.5
  • scorrevolezza: 4.5
  • flusso: 4.5
  • flessibilità: 3
Confronto fra pennini fini

Confronto fra pennini fini Aurora 88 Big - Eversharp Doric

Infine le ultime due prove, questa Aurora 88 e … beh, la Doric non è attualmente in commercio, ed è stata inserita nel lotto per avere un riferimento. La Aurora 88 presenta una notevole scorrevolezza, senz’altro superiore al lotto delle non giapponesi, il tratto resta comparabile con quello della Faber Castell, ma alla fine non troppo sottile. Il flusso è adeguato e senza difetti. Il pennino è rigido. La sua valutazione è la seguente:

  • finezza: 3
  • scorrevolezza: 4
  • flusso: 3.5
  • flessibilità: 0

Ed infine veniamo alla penna presa come riferimento, una Doric Eversharp della prima serie (1931-1934), con pennino fine flessibile, misura media. Un capolavoro in quanto a scorrevolezza, precisione di flusso e finezza del tratto, difficile trovare concorrenti anche fra le antiche. Era caricata con inchiostro seppia Waterman Havana Ink, per cui il confronto non è totalmente alla pari, ma si tratta di un inchiostro che mi risulta assai meno fluido del Quink. La sua valutazione è la seguente:

  • finezza: 5
  • scorrevolezza: 5
  • flusso: 4.5
  • flessibilità: 4.5

Un pessimo inizio

Scritto il 29 Gennaio, 2012 | da | 2 Comments

Per molti anni il mondo della stilografica antica è sembrato restare interesse di nicchia, ed anche le pubblicazioni specializzate come Penna, che inizialmente gli dedicavano spazio avevano smesso da tempo di occuparsene.

Per questo la notizia che con il primo numero di quest’anno di Penna sarebbe stato pubblicato anche un inserto “Penna Vintage” dedicato alla stilografica antica consultabile on-line mi era sembrato l’inizio di una positiva inversione di tendenza.

Purtroppo già dalle poche foto pubblicate nell’annuncio citato questa impressione positiva ha dovuto rapidamente cambiare di segno; spicca infatti nella lista, in quella che corrisponde alla pagina 36 dell’inserto, un titolo alquanto esplicito: “Da una macchia nacque la moderna stilo” che ha gelato ogni possibile apprezzamento. Trattasi infatti di un chiaro riferimento alla nota bufala della macchia di inchiostro di Waterman.

L’articolo fa parte di una sezione intitolata “C’era una volta su Penna” che ripropone vecchi articoli pubblicati nei primi numeri della rivista, quando una buona parte della stessa era dedicata alla storia della stilografica. Per la precisione origina dal primo numero della rivista, datato Marzo 1993.

Nel 1993 la bufala non era ancora nota pubblicamente, ed era riportata pari pari su un gran numero di libri, per cui allora l’errore era comprensibile. Non si può dire altrettanto però ai giorni nostri, ed aprire il primo numero di una rivista dedicata alle stilografiche antiche riproponendo tout-court una delle bufale più calmorose della storia della stilografica, costituisce davvero un pessimo inizio.

Si potrà argomentare (ed è stato fatto) che si tratta solo della riproposizione di un vecchio articolo per celebrare la rivista, ma a parte i dubbi che mi sorgono nel celebrare una rivista che peraltro conteneva ottimi articoli andandosi a scegliere proprio quello con uno degli errori più clamorosi, il farlo senza neanche metterci una nota o un chiarimento significa semplicemente ripetere l’errore tale e quale, dato che chiunque la legga e non conosca i fatti si troverà in mano informazioni sbagliate.

Il fatto che si riproponga un vecchio articolo per ragioni storiche o celebrative non esime, se questo fa affermazioni così platealmente sbagliate, dal precisarlo. Per cui o fa difetto la conoscenza e si pensava che fosse corretto, che nel caso sarebbe veramente grave visto lo scopo dell’inserto, oppure si è deciso di considerare la cosa irrilevante, il che è altrettanto grave per una pubblicazione dedicata alle stilografiche antiche.

Visto che i curatori della rivista si sono dimostrati assai poco attenti, a questo punto mi pare opportuno fornire qui un altro paio di correzioni minori relative allo stesso articolo, che pur non essendo della stessa rilevanza del falso della macchia, hanno comunque dalla stessa origine: essersi basati, direttamente o indirettamente, su fonti originanti principalmente dalla Waterman.

Nell’articolo si parla delle proto-stilografiche della Holland e della Wirt. Definire così la produzione dei due principali concorrenti della Waterman a quel tempo è come minimo azzardato. Le penne della Holland e della Wirt degli ultimi anni del 1800 erano infatti sostanzialmente equivalenti, sul piano delle funzionalità, alle contemporanee della Waterman, tanto che a lungo Wirt ebbe un successo nettamente superiore alla Waterman, con volumi di vendita che fino al 1900 erano nettamente superiori.

Nel caso della Wirt poi questa affermazione non ha alcun senso dato che l’azienda nacque (nonostante Paul Wirt lavorasse già nel campo da qualche anno) nel 1884, cioè dopo la Waterman, difficile quindi che Waterman potesse migliorare una proto-stilografica di una azienda che neanche esisteva.

Pennini italico e flessibile per la Visconti Rembrandt

Scritto il 23 Gennaio, 2012 | da | No Comments

Grazie agli amici della Casa della Stilografica, che devo ringraziare ancora una volta per la loro gentilezza e disponibilità, ho potuto provare un paio di prototipi di pennino in acciaio che potrebbero essere proposti in futuro per la Rembrandt della Visconti.

Pennino "italic" per Rembrandt

Il pennino "italic" per la Visconti Rembrandt

Trattandosi di prototipi ovviamente il giudizio non può che essere parziale, dato che non è detto che in una eventuale commercializzazione futura essi rimangano esattamente gli stessi. Per questo più che di una recensione con tanto di voti e giudizi mi limiterò a riportare delle impressioni d’uso e qualche suggerimento.

Il primo dei due prototipi è un pennino tagliato (italic) veramente ampio, la sezione infatti è all’incirca di 1.5mm, cosa che consente di ottenere dei tratti di spessore notevole, come mostrato nella figura seguente. Il pennino è molto scorrevole, ed il flusso abbondante. Inoltre è dotato di una leggera flessibilità che con un pressione consente di allargare ulteriormente il tratto. Di tutte le stilografiche che ho provato (anche se il campione non è molto significativo dato che preferisco i fini) quella con questo pennino si è senza dubbio dimostrata quella con il tratto più ampio.

 

Se si può fare un appunto alla penna è però che, nonostante il flusso sia abbondante, se si scrive molto rapidamente (come è purtroppo mia abitudine) si rischiano dei salti. Per un uso calligrafico (in cui la prima regola è andare piano) questo non dovrebbe costituire un problema, ma trattandosi di un prototipo il mio primo suggerimento prima della commercializzazione è di cercare di migliorare ulteriormente la gestione del flusso con l’alimentatore per venire incontro anche agli impazienti come me.

Prototipo di pennino flessibile Visconti

Prototipo di pennino flessibile Visconti

Il secondo prototipo di pennino provato è invece un flessibile in metallo, dotato di una costruzione molto particolare con un doppio foro di alimentazione. Il pennino, raffigurato nella foto a fianco, si è dimostrato estremamente scorrevole, con un flusso corposo ma non esagerato, ed in questo caso senza nessun problema di salti anche scrivendo molto velocemente.

Lo spessore di partenza però, essendo una misura media, (la casa dichiara un tratto di 0.7mm che non è certo propriamente un fine) è di suo abbastanza largo, per cui le variazioni del tratto, anche se presenti, come si può constatare dalla prova di scrittura riportata nell’immagine seguente, sono purtroppo limitate, visto che si parte comunque da una base già piuttosto ampia.

Infine il pennino più che come flessibile si può classificare (secondo i miei opinibilissimi criteri personali) come un demi-flex, e richiede comunque di applicare una certa pressione nello scrivere se si vuole allargare il tratto. Anche in questo caso se mi posso permettere di dare un suggerimento alla casa, è di partire con uno spessore iniziale più sottile, e di provare ad aumentare la flessibilità.

Nonostante gli appunti fatti, devo comunque riconoscere alla Visconti il merito di cercare di percorrere nuove strade anche nel campo dei pennini. Spero davvero che dai prototipi si possa passare alla realizzazione, e che questo sia un altro passo perché finalmente si riesca a ritrovare anche nella produzione di penne moderne, quel piacere della scrittura con un vero flessibile, che al momento è possibile solo con i modelli antichi.

Waterman Exception Night & Day

Scritto il 7 Gennaio, 2012 | da | No Comments

Possiedo questa penna da vari anni, un regalo gradito dato che è una delle poche penne recenti che non mi dispiacciono. La caratteristica che rende interessante la penna è quella stilistica, con una forma squadrata a bordi stondati, che sarebbe assolutamente originale se non fosse sostanzialmente identica a quella usata pochi mesi prima dalla Visconti per il modello Wall Street.

Waterman Exception Night and Day

Una Waterman Exception Night and Day

Ma indipendentemente dalla somiglianza delle linee (copiate in maniera alquanto spudorata) la penna è totalmente diversa rispetto alla “sorellastra maggiore” italiana. Si tratta infatti di una penna in metallo laccato, con una decorazione molto semplice ma efficace a linee longitudinali appena accennate su due dei quattro lati. Esteticamente l’effetto è gradevole ed alleggerisce le linee della penna che trovo molto elegante.

La sezione è pure in metallo laccato ed è agganciata al corpo con un originale attacco a baionetta  il cui uso risulta semplice e molto efficace. Il cappuccio è con innesto ad incastro, e la clip è molto ampia e dotata di un meccanismo a molla che ne consente inserimento ed estrazione in maniera semplice e sicura.  Finiture e lavorazione sono di ottima qualità, anche se mi sono stati segnalati problemi di stabilità proprio dell’aggancio nei modelli più recenti, che non ritrovo però nella mia.

Per il sistema di caricamento si tratta, come ormai invariabile nella produzione Waterman a partire dall’assorbimento del marchio da parte della filiale francese nel 1971, di una penna a cartuccia/converter, una scelta mantenuta dall’azienda su tutta la sua produzione, forse anche in ragione del fatto che fu proprio la JiF Waterman, con la CF, a creare la prima penna a cartucce di plastica.

Si tratta di una penna di grandi dimensioni, ed essendo di metallo, anche di notevole peso. Per questo, nonostante mi piacciano le penne che si fanno sentire in mano e che risulti sufficientemente equilibrata anche con il cappuccio, quando scrivo con questa penna preferisco tenerlo staccato, proprio perché altrimenti il peso risulterebbe eccessivo.

Esempio di Scrittura Waterman Exception

Esempio di scrittura Waterman Exception

La scrittura è sempre risultata scorrevole e fluida, il pennino è un fine ma, come si può notare anche dall’esempio di scrittura riportato, il tratto, anche grazie all’abbondanza del flusso, risulta corposo e fin troppo ampio per i miei gusti. A differenza da quanto riscontrato su altri modelli Waterman più recenti, la penna non ha mai mostrato nessuna difficoltà a ripartire anche se lasciata inutilizzata per qualche giorno.

  • aspetto: 9.0 (linea accattivante, finiture eccellenti)
  • scrittura: 7.0  (molto scorrevole, ma con flusso troppo generoso)
  • sistema di caricamento: 6.5 (cartuccia/converter con converter in metallo)
  • qualità/prezzo: 7.0 (penna di fascia medio-alta, non economica)

Per concludere fra i pro si può mettere che si tratta di una penna con una linea interessante, e di alta qualità per materiali e lavorazione, che scrive molto bene,  fra i contro un peso non indifferente, un tratto troppo abbondante (che per altri sarebbe fra i pro) ed un costo piuttosto elevato.

Si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione le fotografie usate nell’articolo.

Le bande dell’Ancora

Scritto il 23 Dicembre, 2011 | da | 1 Comment

Una delle prime foto di una penna italiana che è stata inserita sul wiki di FountainPen.it grazie alla gentilezza di Roberto, è quella della Ancora mostrata di seguito. Si tratta di un modello risalente all’incirca agli anni ’20, realizzata in stile flat-top come gran parte degli altri modelli dei produttori italiani dello stesso periodo, che imitavano lo stile dei più famosi modelli americani, in questo caso la Duofold della Parker.

Una Ancora flat-top

Una Ancora flat-top con banda traforata

Sono noti vari modelli della Ancora in questo stile, ma quello che rende davvero particolare la penna mostrata è la bellissima banda traforata che decora il cappuccio, che aggiunge un tocco di stile italiano a quella che altrimenti sarebbe una semplice imitazione di un modello famoso di oltre oceano.

Mi è stato però riferito che secondo l’opinione di alcuni “grandi esperti” di stilografiche antiche detta banda risultasse essere una aggiunta posticcia, un rimaneggiamento a posteriori, insomma se non un falso, sicuramente una modifica non originale, messa lì per rimettere insieme un cappuccio danneggiato. Insomma la penna sarebbe stata una ricostruzione e non una produzione originale della Ancora.

L’ipotesi di per sé è tutt’altro che peregrina, dato che questo tipo di riparazioni sono state fatte, considerato che l’estremità del cappuccio è la parte più fragile di questo tipo di penne e che è abbastanza comune trovarlo con una crepatura. In genere però questo avviene con l’uso di bande cilindriche molto semplici, per cui l’ipotesi di aver usato una banda così complicata per una riparazione è meno probabile.

Ma a quanto mi è stato riferito per i suddetti esperti era evidente che la banda non potesse essere originale Ancora dato che le caratteristiche della sua lavorazione e lo stato del cappuccio testimoniavano esplicitamente il suo essere un’aggiunta posticcia per effettuare una riparazione. E questo nonostante alcuni collezionisti avessero affermato di averne viste di altre, cosa che quantomeno dovrebbe far prendere in esame la possibilità di una sua autenticità.

Con quanto illustrato finora, e visto che alla fine di ulteriori evidenze concrete non ne esistevano, tutto quello che si può affermare è che si tratta di diverse opinioni, e che sceglierne una poteva al più basarsi sulla maggiore o minore reputazione dei vari interlocutori o sul proprio istinto.

Ma come accennato allo scorso Pen Show di Bologna questa situazione è cambiata, e le affermazioni dei citati “esperti” han finito per rivelarsi assai poco fondate, anzi a questo punto possiamo senz’altro dire del tutto campate per aria.

Fra le penne esposte infatti c’era un’altra Ancora flat-top, mostrata nella foto di fianco, questa volta in celluloide verde, e dotata della stessa banda. Un colpo di fortuna ha voluto che anche Roberto fosse presente al Pen Show, ed avesse con se proprio l’Ancora della prima foto, è stato così possibile fugare ogni dubbio sul fatto che la sua penna non fosse la sola esistente con quella lavorazione.

Oltre alle varie foto che potete vedere anche nel resoconto fotografico del Pen Show pubblicato in precedenza, allego anche la seguente, presa da Tom con una macchina fotografica vera invece che con il mio scarso telefonino, che mostra in maniera evidente come le due penne abbiano esattamente la stessa banda traforata. Un esame ravvicinato del bordo della seconda penna, non riportabile in foto, mostrava che questo non aveva rotture.

Coppia di Ancora flat-top

Coppia di Ancora flat-top con banda traforata

A questo punto si potrebbe tentare di dire che due indizi non fanno una prova, ma francamente parlare di indizi di fronte a questo tipo di evidenza mi parrebbe voler nascondere la testa nella sabbia, ed il mai sufficientemente applicato criterio del rasoio di Occam tenderebbe a favorire la teoria che propone meno ipotesi, che è quella di trovarsi di fronte ad una lavorazione originale.

Alle due evidenze precedenti si aggiunge poi un ulteriore indizio emerso nelle chiacchiere fatte alla fine del Pen Show, nella forma di una terza Ancora, una rientrante laminata di epoca precedente, che presenta una lavorazione di nuovo molto simile.

a cui poi si aggiunge, a definitiva conferma che l’Ancora ha effettivamente prodotto delle bande con quella lavorazione, questa ulteriore laminata rientrante (ringrazio Fabio per la foto, ripresa da FountainPen.it), in cui le bande traforate sono esattamente le stesse. A questo punto sostenere che si tratterebbe di una banda non originale (però rifatta identica a quella di un modello precedente) mi parrebbe davvero un volersi arrampicare sugli specchi.

Ancora laminata a bande traforate

Purtroppo in Italia moltissime informazioni sui modelli storici sono andate perse, o sono ancora sommerse o nascoste nei cassetti dei collezionisti, ed è molto più serio, quando non ci sono documenti o evidenze fattuali, riconoscere apertamente l’impossibilità di arrivare ad una conclusione senza spacciare per certezze le proprie opinioni, visto che altrimenti anche se ci si considera degli esperti si finisce col prendere delle notevoli cantonate, con le relative figuracce.

Un anniversario

Scritto il 8 Dicembre, 2011 | da | 2 Comments

Ricorrono oggi cinque anni dalla nascita del sito www.fountainpen.it, a cui questo blog è associato. Siti o forum dedicati alle stilografiche ne esistono vari, alcuni attivi anche da molto più tempo, però non esiste, almeno nelle mie conoscenze un wiki che sia attivamente sviluppato sull’argomento.

Con quasi 4000 pagine e oltre 1600 immagini ritengo che il wiki di FountainPen.it sia una delle risorse più interessanti disponibili su questo argomento, ed una delle poche le cui informazioni disponibili a tutti anche per il riutilizzo.

Pertanto con l’occasione dell’anniversario rinnovo l’invito non solo a contribuire per quanti vogliono o possono, ma anche a riutilizzare le informazioni che li sono poste a disposizione.

Pilot Parallel Pen

Scritto il 2 Dicembre, 2011 | da | No Comments

In questa recensione, per la prima volta, non tratteremo di penne stilografiche, ma di una penna molto particolare, che è piuttosto difficile da classificare nelle categorie comuni, dato che non è né una sfera, né un roller, né un feltro, per cui alla fine si può solo seguire la denominazione dell’azienda, e chiamarla “parallela“.

Pilot Parallel Pen Blue 6.0mm

Pilot Parallel Pen, 6 mm

Si tratta infatti di uno strumento di scrittura molto particolare, indirizzato a chi si diletta di calligrafia, che funziona con un particolare pennino costituito da due lamine di acciaio piatte e sottili sovrapposte che consente di portare l’inchiostro su una punta piatta che arriva, nella versione più grande, ad uno spessore di ben 6mm.

In ambito calligrafico esistono vari pennini speciali per fare tratti molto larghi, ma in genere non arrivano a queste dimensioni e comunque funzionano per intinzione, con tutta la scomodità che questo comporta. La Parallel Pen sembra essere riuscita a risolvere un problema tutt’altro che banale, come quello di distribuire in forma uniforme e scorrevole l’inchiostro su una punta di larghezza estremamente ampia.

Nella serie di scansioni precedenti si possono vedere i risultati ottenuti con le 4 diverse versioni (o meglio misure) della penna, dallo spessore minimo di 1,5mm alla massima di 6 mm, passando per le intermedie da 2,4 mm e 3,8 mm. La cosa che si apprezza di più nell’uso di queste penne è la scorrevolezza e l’uniformità del tratto che si ottiene nonostante le dimensioni così ampie della punta.

Un esempio di variazione di tratto con la Pilot Parallel Pen

Esempi di scrittura

Certo non si arriva alla scorrevolezza di una stilografica, certo, per la calligrafia a me interessa molto di più un pennino flessibile, certo la posizione di scrittura è un po’ più rigida (non si può inclinare troppo la penna, specie per le versioni con la punta più larga), ma la scrittura con una Parallel Pen resta comunque di una qualità nettamente superiore a quella ottenibile con qualunque pennarello o attrezzo affine.

Inoltre usando un angolo della penna si può, anche se in questo caso si perde la scorrevolezza, scrivere anche normalmente in linee di dimensione normale, ovviamente perdendo le variazioni di spessore che sono il tratto distintivo e lo scopo principale della penna. E’ comunque molto interessante la capacità del pennino di far arrivare lo stesso l’inchiostro sul foglio.

Una seconda caratteristica peculiare di queste penne è che è possibile, mettendo due Parallel Pen in verticale ed appoggiando un pennino sopra l’altro, trasferire l’inchiostro dalla penna superiore alla inferiore, in modo che questa, se i due inchiostri sono diversi, inizi a scrivere con il colore trasferito per passare progressivamente a quello contenuto internamente.

Colori Parallel Pen

Effetti di sfumature di colori

L’effetto è quello illustrato negli esempi di scrittura riportati nelle immagini qui accanto, e per sfruttarlo a pieno la Pilot fornisce appositamente per queste penne una specifica serie di inchiostri denominati “Mixable Ink” pensati appunto per essere mescolati per ottenere queste sfumature. Ma la mia l’ho usata tranquillamente con del normalissimo inchiostro stilografico (un Pelikan 4001 Blu).

Dovendo descrivere la penna direi che la sua caratteristica più rilevante è quella di essere davvero divertente, perché consente di giocare con le sfumature di colore e gli spessori di scrittura in maniera davvero semplice e molto gradevole.

La qualità costruttiva è quella di un prodotto di largo consumo con un prezzo tutto sommato conveniente (stiamo sulla quindicina di euro), per cui non c’è molto da discutere di decorazioni e finiture. Ma si tratta di penne in plastica robuste e ben fatte che vengono fornite di converter in modo da poterle riutilizzare facilmente con qualunque inchiostro, cosa che le rende molto adatte allo scopo di strumento per la calligrafia.

Non mi esprimerò in questo caso nel solito rituale dei voti, ma credo che queste Parallel Pen meritino un 10 e lode per essersi dimostrate la prima vera innovazione che è comparsa nel mondo della scrittura in questi ultimi 10 anni.  I pennini piatti infatti funzionano in maniera eccellente e sono completamente diversi da qualunque altro sistema visto fino ad oggi, e per le prove che ho fatto, scrivono molto meglio di sfere, roller e pennarellini vari. Tanto di cappello, dato che innovare su questo campo sembrava davvero impossibile.

Si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione le penne con cui sono state eseguite le varie prove di scrittura e per aver fornito le fotografie usate nell’articolo.

Resoconto Pen Show Bologna 2011

Scritto il 26 Novembre, 2011 | da | No Comments

Qualche dettaglio in più riguardo l’ultimo Pen Show italiano della stagione 2011 organizzato dalla ACPS, che si è tenuto la Domenica 20 Novembre a Bologna, di cui ho già pubblicato una serie di foto nell’articolo precedente.

Anche in questo caso il formato resta quello dell’esposizione in una sala di albergo, ma sarà stata la diversa disposizione della stanza, o la migliore raggiungibilità con il treno (l’Hotel Mercure è proprio davanti alla Stazione di Bologna), rispetto al precedente Pen Show di Milano la giornata si è rivelata assai più interessante e la partecipazione, come del resto previsto fin da allora, nettamente superiore.

Il Pen Show ha visto infatti la presenza di una ventina di espositori, con partecipazioni dalla Spagna e dalla Croazia, e pure la presenza di un collezionista/rivenditore americano che approfittando del suo passaggio per lavoro dall’Italia ha partecipato alla manifestazione, pur senza esporre in un banco. Senz’altro una partecipazione internazionale molto limitata rispetto ai Pen Show tedeschi, ma superiore a tutti gli altri Pen Show organizzati dalla ACPS.

Omas Lucens

Una Omas Lucens oversize

Come sempre il grosso dell’attenzione era rivolto alle penne italiane, presenti massicciamente, ma a costi che a mio avviso restano proibitivi, specie in considerazione della qualità intrinseca delle stesse.

Fra le varie penne viste (anche se questa non era in vendita), spiccava, almeno per i miei gusti, la Extra Lucens oversize trasparente illustrata a lato, la cui bellezza non viene resa adeguatamente dalla pessima qualità delle foto fatte dal mio telefonino.

Come sempre un Pen Show è una occasione importante per scambiare chiacchiere e pareri fra appassionati, ed in particolare ho apprezzato moltissimo quelle fatte con Ambros sulle numerazioni usate dalla Ancora per le sue penne, e spero che pubblichi quanto prima le sue conclusioni dato che ormai mi sono già dimenticato tutto…

E proprio la Ancora è risultata essere in un qualche modo la protagonista di questo Pen Show, almeno a livello di informazioni raccolte, dato che il ritrovamento di alcuni esemplari ha permesso di chiudere definitivamente una questione di dubbia attribuzione di una penna di questa marca, su cui tornerò in un articolo successivo.

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