Penciclopedia

Se la penna vi interessa più della spada

Recensione Visconti Homo Sapiens Steel

Scritto il 11 Aprile, 2012 | da | No Comments

La Homo Sapiens della Visconti è senz’altro una delle penne più interessanti uscite negli ultimi anni. La penna infatti si contraddistingue per una lunga serie di caratteristiche innovative, a partire dal materiale del corpo, una resina plastica speciale costriuta con lava basaltica, che conferisce alla penna oltre ad una notevole robustezza anche una senzazione al tatto di “asciuttezza” assolutamente unica con un grande risultato in termini di stabilità della presa senza ricorrere alla sgradevolezza di una superficie ruvida o gommosa. Una verà novità rispetto alla molto più comune riproposizione in salsa moderna di vari sostituti della celluloide, che dimostra che anche nel campo dei materiali è possibile davvero creare qualcosa di nuovo.

Homo Sapiens Steel

Homo Sapiens Steel Visconti

Altrettanto innovativa ed interessate è la chiusura a “baionetta” del cappuccio, sicuramente una delle più stabili mai realizzate (è praticamente impossibile che il cappuccio si sviti o si stacchi accidentalmente), ma anche assolutamente comoda e semplice da usare. Una caratteristica interessante, anche se non strettamente una novità assoluta come le precedenti  (la prima versione è stata realizzata dalla Onoto nel 1905)  è il sistema di caricamento a siringa rovesciata anche se l’esemplare che ho provato era la versione “slim” equipaggiata con un più comune, ma comunque valido, caricamento a stantuffo.

Homo Sapiens Steel

Homo Sapiens Steel Visconti

Stilisticamente la penna presenta delle forme molto semplici e pulite, migliori a mio avviso di quelle della sorella maggiore con gli anelli in bronzo anche sul corpo, che spezzando un po’ le linee dello stesso mi piacciono meno, anche se il contrasto di colore risulta senz’altro più gradevole in quel caso. Inoltre dopo averle prese in mano entrambe devo dire che nonostante le dimensioni leggermente inferiori la “slim” risulta altrettanto meneggevole della sorella maggiore, se non di più grazie anche al peso inferiore.

Test scrittura Homo Sapiens

Test scrittura Homo Sapiens Steel

Pur essendo una penna molto innovativa la Homo Sapiens ha ricevuto molte critiche, in particolare per la qualità di scrittura e l’uso di un pennino in palladio anziché in oro. In entrambi i casi devo dire che per quanto riguarda la mia esperienza queste critiche sono risultate del tutto infondate.

In particolare il pennino in palladio si è rivelato una gradevolissima sorpresa, un fine flessibile, unico fra quelli che mi sia capitato di provare nelle penne moderne, che si avvicina davvero alla flessibilità di un antico, ponendosi parecchie spanne al di sopra dei concorrenti che ho provato in altre recensioni.

Ma oltre che flessibile il pennino si è dimostrato pure straordinariamente scorrevole e morbido, con la penna che scrive, come tutte dovrebbero fare, anche quando viene solo appoggiata sul foglio senza applicare nessuna pressione, e che risponde con prontezza alle variazioni del tratto.

Unico difetto, ma solo per i miei gusti, è che le dimensioni da fine europeo (cioè tendenti al medio) unite ad un flusso piuttosto generoso, rendono il tratto di base un po’ troppo largo, e con questo riducono anche il risalto delle possibili variazioni ottenibili grazie alla sua ottima flessibilità. Il mio maggiore auspicio a questo punto è che venga prodotta anche una versione extrafine.

Al solito il rituale, forse un po’ stantio, ma purtroppo obbligato, dei voti:

  • aspetto: 8.0 (linea semplice, ottime finiture)
  • scrittura: 9.5 (fosse più fine meriterebbe il 10)
  • sistema di caricamento: 8.5 (il classico stantuffo)
  • qualità/prezzo: 9.0 (molto buono visto i materiali e le lavorazioni innovative)

In definitiva si tratta di una penna certo non della fascia economica, ma comunque con un prezzo più che ragionevole, assolutamente adeguato alla qualità dell’oggetto, specie considerando l’altissimo tasso di innovazione che contiene.

Come sempre si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito le fotografie usate nell’articolo.

Recensione Kaweco Lilliput

Scritto il 6 Aprile, 2012 | da | No Comments

La Kaweco è una delle aziende produttrici di stilografiche più antiche di Europa ed in Germania ha una storia che è seconda solo a quella della Soennecken. Purtroppo come per quest’ultima, l’azienda subì in maniera pesantissima la crisi dovuta al successo della penna a sfera sparendo dal mercato, per poi essere riportata in vita negli anni recenti.

A differenza di molte altre operazioni di “resurrezione” di marchi storici, che han portato alla produzione di costosissime penne in edizioni limitate, o produzioni ad altissimo tasso di pacchianeria, la Kaweco sembra essersi orientata da subito ad una riproposizione dei suoi modelli classici, rielaborati per l’uso di materiali modeni, orientati però, come gli originali, all’uso comune.

Kaweco Liliput Black

Una Kaweco Liliput Black

I risultati ottenuti, già apprezzati per la riedizione della Kaweco Sport presa in esame in precedenza, sono interessanti anche per un altro modello, la Lilliput, una penna di piccolissime dimensioni che compariva già in un catalogo del 1911. In questo caso la riedizione ha visto il passaggio dall’ebanite all’alluminio, con una penna comunque molto leggera, ed adatta, grazie alle sue ridottissime dimensioni, anche ad essere usata come complemento da unire ad una agenda.

La principale caratteristica di questa penna infatti sono le dimensioni minuscole, 9,7 cm da chiusa, che però diventano 12,5 con il cappuccio calzato, rendendo la penna utilizzabile comodamente. Le finiture sono semplici, ma molto curate e la qualità realizzativa è ottima, considerato che si tratta comunque di una penna relativamente economica, con un prezzo intorno ai 50 euro. Il caricamento è a cartuccia/converter, ed il diametro della penna supera appena quello delle cartucce.

Test scrittura Kaweco Lilliput

Test di scrittura per una Kaweco Lilliput

Nonostante le dimensioni ridotte, la penna è ben equilibrata e maneggevole, il pennino è in acciaio, ma resta molto scorrevole e la scrittura risulta gradevole, con un flusso generoso e senza incertezze. In sostanza come per la Sport si tratta di una penna pensata per essere usata, ed è pratica e funzionale nonostante le dimensioni minimali.

Ritornando al solito rituale dei voti, che come sempre van presi più come una indicazione dei gusti dell’autore che come una valutazione oggettiva, i risultati sono:

  • aspetto: 8.0 (linea semplice, ottime finiture)
  • scrittura: 8.0  (comoda e  scorrevole)
  • sistema di caricamento: 6 (ordinario cartuccia/converter)
  • qualità/prezzo: 9 (molto buono visto i materiali impiegati)

In sostanza una penna senza tanti fronzoli, magari poco adatta a chi ha mani molto grandi, ma utilissima se si vuole avere una stilografica di piccole dimensioni da riporre negli spazi più ridotti.

Come sempre si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione l’esemplare della penna con cui sono state eseguite le prove di scrittura e per aver fornito la fotografia usata nell’articolo.

Foto Pen Show Firenze 2012

Scritto il 3 Aprile, 2012 | da | 1 Comment

Una prima mandata di fotografie. Ne seguiranno di altre con il resoconto.

Resoconto Colonia Pen Show 2012

Scritto il 1 Aprile, 2012 | da | No Comments

Lo scorso 24 Marzo si è tenuto a Colonia il tradizionale Pen Show annuale presso il Tennis Club, sulla riva destra del Reno. La formula, invariata da anni, prevede l’ingresso alle 10.00 degli espositori, l’entrata “precoce” a pagamento alle 12.00 e l’ingresso libero il pomeriggio, quest’anno a partire dalle 13.00.

Come lo scorso anno il tempo era molto bello e la terrazza esterna del Club è risultata molto affollata, specie nelle ore centrali del giorno, da parte di visitatori ed espositori, desiderosi di sfuggire al clima soffocante della sala dove si svolgeva la manifestazione.

Benché si sia riscontrato un ulteriore calo delle presenze di espositori rispetto allo scorso anno (con addirittura due tavoli rimasti liberi) il grande affollamento di appassionati verificatosi all’apertura al pubblico ha comunque evindenziato quello che viene considerato da tutti il principale limite di questa manifestazione, l’esser tenuta in un ambiente troppo piccolo.

Nonostante il calo rispetto alle edizioni precedenti l’affluenza è stata copiosa (difficile quantificarla, ma senz’altro superiore a qualche centinaio di persone) ed il Pen Show di Colonia resta comunque ben al di sopra delle dimensioni di qualunque Pen Show italiano.

Al di la del numeroso pubblico erano presenti infatti circa una quarantina di espositori, con una corposa partecipazione internazionale. Pochi gli italiani fra gli espositori (solo Roberto e Francesco) dato che Tom in questo caso non conta come tale, anche in ragione dello scarsissimo interesse che le penne italiane riscuotono in questo mercato.

Come sempre infatti la fan da padrone le penne tedesche, in particolare erano presenti alcune Montblanc veramente rare e pregiate, come quelle mostrate nelle foto a seguire, fra cui spicca una penna con caricamento a levetta con rivestimento in argento inglese, una Rouge et Noir laminata, ed una … beh, una penna che potremmo chiamare “Vert et Noir” .

Altrettanto rilevanti, e assai difficili anche solo da vedersi in Italia, delle Pelikan come quelle di questa seconda serie di penne, fra cui spicca una T111 (la famosa lavorazione Toledo), una delle penne più desiderate al mondo, in condizioni eccellenti, ad un costo altrettanto eccellente:

Ma nonostante la predominanza netta delle marche di casa, la presenza di espositori provenienti dagli Stati Uniti ha permesso di apprezzare dei notevoli esemplari di penne americane, come le Waterman e le Eversharp già pubblicate nel precedente articolo.

In definitiva una trasferta molto interessante oltre che per la possibilità di ammirare esemplari impossibili da trovare da noi, anche per i prezzi, che per le penne di casa sono nettamente più convenienti di quanto si riesca ad ottenere in Italia.

Foto Pen Show Colonia 2012

Scritto il 28 Marzo, 2012 | da | 3 Comments

Una prima mandata di foto del Pen Show di Colonia di quest’anno, seguiranno le foto con i modelli più interessanti insieme al resoconto più avanti.

Waterman Edson

Scritto il 15 Marzo, 2012 | da | 8 Comments

Benché non si tratti certo di una novità, essendo la Edson una penna uscita nel 1992, che raggiunge quindi i 20 anni di produzione, ho deciso di dedicare una recensione a questa Waterman perché la considero una delle poche penne moderne veramente interessanti, ed uno dei migliori candidati nella produzione recente a diventare un modello storico.

Waterman Edson Blue

Una Waterman Edson Sapphire Blue

La penna venne creata in celebrazione di un qualche anniversario di cui ormai ho perso ogni traccia e memoria, ed inizialmente si pensava che sarebbe stata prodotta solo in edizione limitata. La penna infatti è numerata (nel mio caso riporta la cifra 041117 sul lato destro della clip), ma la produzione non è stata interrotta per vari anni, e dopo qualche tempo alla versione originale (solo blu) si affiancarono la versione rossa e quella verde.

Le edizioni limitate sono comunque venute in seguito per vari anniversari dell’azienda (120°, 125°) ed ultimamente è stata pure prodotta una versione nera con finiture e cappuccio in metallo bianco. Ma quella a cui faccio riferimento in questa recensione è la versione originale di colore blu, che oggi non è più in produzione, e che resta a mio avviso parecchie spanne sopra tutte le successive, soprattutto rispetto alle costosissime edizioni limitate con le loro inutili e nocive aggiunte di elementi decorativi di scarso interesse.

Il punto di maggiore forza di questa penna infatti è il design che incarna perfettamente lo stile  “streamlined” introdotto nel 1929 dalla Sheaffer con il modello Balance. A differenza di tutte le altre penne con forme  affusolate (la classica linea a sigaro o siluro) le curve restano continue, senza appiattimenti nel centro del corpo, senza interruzioni per verette decorazioni o pomelli, senza il taglio radicale della punta grazie al pennino conico intarsiato ed all’alimentatore che fa parte integrante della sezione.

La purezza e la semplicità delle linee, che vengono mantenute sia dal cappuccio, in un blocco unico di ottone satinato, che dalla clip, che corrisponde alla curvatura del corpo della penna,  sono la caratteristica vincente di una stilografica che risplende nella totale assenza di qualunque elemento decorativo esterno.

Altrettanto d’impatto è il contrasto fra il profondo blu traslucido del corpo e l’oro del cappuccio, che viene ripreso anche nelle linee del pennino. Unico elemento decorativo resta, a penna aperta, l’intarsio sulla sezione che riprende in simmetria il disegno della clip e crea una continuità di linee con il pennino. La penna resta equilibrata anche nello stacco della sezione dal corpo, rientrante per il tanto che basta a consentire una continuità di linee a cappuccio chiuso, e resta discreta anche la presenza dei dossetti dorati leggermente sporgenti per l’incastro sul cappuccio.

Infine il materiale è decisamente originale, una particolarissima resina plastica realizzata in un doppio strato che consente di ottenere un incredibile effetto di traslucenza/trasparenza dei bordi ed una profondità di colore molto più interessante sul piano estetico della solita riproposizione di sgargianti imitazioni della celluloide. Finalmente un uso dei materiali moderni per creare qualcosa di nuovo. Inoltre l’aver mantenuto l’essenzialità nei colori si dimostra di nuovo una scelta stilisticamente vincente.

Ma al di là dello stile, ciò che conta davvero in una penna è la scrittura, che spesso purtroppo non è all’altezza della ricercatezza delle decorazioni e delle finiture. In questo caso, invece la qualità di scrittura è assoluta e la Edson era accreditata come una delle poche penne che hanno un diverso alimentatore per ciascuna misura di pennino.

La scrittura risulta infatti scorrevolissima nonostante la rigidezza estrema del pennino (che non poteva comunque essere realizzato altrimenti). E’ la sola penna di produzione “occidentale” che non sfigura minimamente nei confronti delle concorrenti giapponesi. Oltre alla scorrevolezza la penna risponde sempre prontamente e scrive immediatamente anche dopo vari giorni di inutilizzo.

Esempio di scrittura di una Waterman Edson

Esempio di scrittura di una Waterman Edson

Nella scansione precedente viene riportato un test di scrittura eseguito con un Jentle Ink Blu/Nero della Sailor su un blocco Pignastyl. Il pennino è un fine con un flusso ben regolato anche se un pelino generoso, e la penna risulta ben equilibrata sia con che senza cappuccio, anche se chi ama le penne leggere preferirà la seconda opzione, che rende la penna molto più leggera e maneggevole.

Unica nota dolente, oltre ovviamente un prezzo non indifferente (trattavasi comunque della penna di maggior pregio della Waterman), è il caricamento, a cartuccia/converter, anche se il converter è molto raffinato e realizzato specificamente per questo modello in metallo e plastica con gli stessi colori della penna (blu e oro). Devo comunque riconoscere che un caricamento più sofisticato come uno stantuffo avrebbe imposto una rottura delle linee del corpo, ed in questo caso usare cartuccia/converter è un compromesso che sono disposto a accettare.

Veniamo infine al solito rituale del giudizio espresso in voti, ricordando ancora una volta al lettore di prenderli con la dovuta cautela, essendo il risultato, in particolar modo quello dell’aspetto, dettato dalle personali preferenze dell’autore:

  • aspetto: 10.0 (una delle penne più belle mai realizzate)
  • scrittura: 9.5 (perfetta, peccato non possa essere flessibile)
  • sistema di caricamento: 7.0 (cartuccia e converter dedicato)
  • qualità/prezzo: 7.5 (costo elevato, ma penna di valore)

Per concludere si tratta della sola penna moderna della quale mi sia innamorato a prima vista e per la quale sia stato disposto a spendere quanto avrei speso per una antica. Un valore che per fortuna, a giudicare dalle quotazioni su Ebay, pare anche mantenersi nel tempo.

Si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica per aver messo a disposizione le fotografie usate nell’articolo.

Pen Show Firenze 2012

Scritto il 6 Marzo, 2012 | da | No Comments

Il Pen Show del Primo Aprile organizzato dalla ACPS è confermato, questa la comunicazione ufficiale:

 

Firenze 5.03.2012

Carissimo,

Ho il piacere di comunicarti che il giorno Domenica 1 Aprile 2012 si terrà a Firenze la prossima mostra scambio di penne stilografiche e materiali di scrittura organizzata dalla nostra associazione con orario dalle ore 10 alle 15.

La mostra si terrà presso la sala Michelangelo del Grand Hotel Baglioni sito in Piazza Unità Italiana 6 a Firenze, che si trova di fronte alla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella. L’ingresso è riservato ai soli associati.

Se sei interessato potrai prenotare un tavolo per esporre la tua collezione o le penne che vuoi scambiare contattando entro il giorno 24 Marzo, Marco Vanzi (055.7398731 – 333.8175873) o Giovanni Scrivere (348.2110095 – 055.578236) oppure inviando una email ad acps.segreteria@gmail.com. ; per l’utilizzazione del tavolo (60 cm x 120 cm circa) l’associazione chiede un rimborso spese di € 50,00.
Per l’allestimento del tavolo è consentito l’ingresso dalle ore 8.30 ed è richiesta la presenza fino a chiusura mostra (ore 15).

Per il pernottamento non è stato indicato nessun albergo convenzionato , in quanto abbiamo riscontrato che le tariffe che offre internet possono essere molto più convenienti di quelle che possiamo offrire noi.

Se non hai ancora provveduto a rinnovare l’associazione per l’anno 2012/13 potrai farlo in sede mostra mediante versamento di € 10,00.

Si informa inoltre che alle ore 15,15 si terrà nei locali della mostra l’ Assemblea Annuale dei soci con il seguente ordine del giorno:

– Rinnovo cariche associative
– Resoconto economico
– Sviluppi futuri
– Varie ed eventualiCari saluti.

ACPS

Una importante risorsa sui marchi di fabbrica.

Scritto il 1 Marzo, 2012 | da | No Comments

Il mese scorso sono riuscito ad avere accesso ad una interessante banca dati dell’Archivio Centrale dello Stato contentente le registrazioni originali dei marchi di fabbrica in Italia. La risorsa è particolarmente importante in quanto consente di ottenere dati storici di prima mano, che possono fornire conferme documentali a quelle che fino a qualche anno fa erano solo ipotesi.

Marchio The King

Il marchio The King

In particolare una delle conferme principali dell’archivio è l’identità fra la Società Anonima Fabbrica Pennini King (produttrice delle penne The King) e la S.A.F.I.S. (Società Anonima Fabbrica Italiana Stilografiche),  produttrice delle penne Radius e Astura. Identità dimostrata dal fatto che la registrazione del marchio The King Superior mostrato sopra è stata effettuata per conto della prima nel 1928 al n°38982 e rinnovato dalla seconda (con esplicito riferimento al precedente) nel 1950 al n°95665.

Così come emerge che il cambio di nome in S.A.F.I.S., in genere indicato intorno al 1935, sia stato reso operativo almeno prima del Novembre 1934, dato che il marchio Radius è stato depositato a nome della stessa in data 8 novembre 1934.

Le informazioni recuperate sono interessanti, come i nomi dei proprietari della Itala Cromograf (fra cui non figura Armando Simoni…), o curiose come il fatto che il noto marchio Olo della Aurora, usato per le penne di seconda fascia, fosse stato registrato da Isaia Levi nel 1928 per…

latte, tè, caffè e surrogati, oli e grassi commestibili, acque minerali, vini, liquori e bvande diverse, vetrerie e ceramiche, materiale di uso domestico, filati, tessuti, pizzi, ricami, feltri, carte, cartoni, carta per tappezzeria, ecc.

Per chi fosse interessato ho estratto le informazioni principali e le ho ripubblicate classificandole opportunamente, in questa pagina del Wiki:

http://www.fountainpen.it/Marchi

dove sono state riordinate in una tabella per numero di registrazione.

Ma la caratteristica più interessante è che le varie immagini dei marchi registrati possono essere navigate, sfruttando le funzionalità della nuova estensione per il web semantico, sulla base delle proprietà associate a ciascuna di esse, grazie al link sfoglia le proprietà aggiunto nella barra laterale, o grazie alla infobox in fondo a ciascuna pagina.

Recensione TWSBI Diamond 540

Scritto il 24 Febbraio, 2012 | da | 6 Comments

Avevo sentito parlare di questa penna a lungo, e mi aveva interessato da subito per l’approccio usato nella sua realizzazione (consultare gli utenti in rete per avere indicazioni e preferenze). Il risultato direi è stato ottimo, dato che ero andato alla Casa della Stilografica per far darci un’occhiata ravvicinata ed invece di fare le solite prove me la sono portata via, ed erano un paio d’anni che non compravo una penna moderna.

TWSBI Diamond 540

Una TWSBI Diamond 540

Fa senz’altro gioco il prezzo, intorno ai 60 euro, che per una penna a stantuffo è senz’altro il più basso della categoria. Ma se fosse stata solo una questione di prezzo non sarebbe stato sufficiente. La penna infatti pur non avendo linee particolarmente innovative o rivoluzionarie, ha comunque un’estetica gradevole, ma soprattutto presenta una qualità costruttiva veramente impeccabile.

La Diamond 540 è l’evoluzione della precedente 530 che già aveva ottenuto un ottimo successo, è praticamente identica, con piccoli miglioramenti (la prima versione aveva dei difetti di giovinezza nello stantuffo e nei materiali, curati comunque a spese del produttore) frutto dell’esperienza maturata.

Calamaio TWSBI

Calamaio TWSBI

Si tratta di una penna di grandi dimensioni (di poco inferiori a quelle di una Pelikan M1000) con un serbatoio molto capiente, sia per il notevole diametro del corpo, che per l’estensione del pistone. Inoltre si può ottenere un caricamento ancora più completo grazie al calamaio fornito a parte, che consente di caricare direttamente la penna dal corpo svitando la sezione ed evitando il solito problema (e relativo spreco) di dover ripulire il pennino dagli eccessi di inchiostro.

Pur non essendo realizzata in fantomatiche resine preziose (che sempre plastica sono) ma in economico ma robustissimo policarbonato, le finiture sono ineccepibili: la penna da una impressione di grande solidità, anche per gli spessori dei materiali, che si trovano solo su penne di una fascia di prezzo molto più alta. Una solidità poi confermata dai fatti: neanche un graffio nonostante l’abbia scaraventata sul pavimento…

Dal punto di vista stilistico la penna riprende delle linee tradizionali, abbastanza simili a quelle di una Pelikan della serie MX00, ma ho trovato inoltre molto interessante la realizzazione del corpo con sfaccettature romboidali che pur mantenendo una sezione sostanzialmente cilindrica danno una impressione di curvatura delle linee, oltre all’evitare lo scivolamento della penna dalla scrivania.

La scelta della plastica trasparente può piacere o meno (ma sono disponibili anche versioni colorate più opache) ma trovo comunque valida l’idea di mostrare gli interni di una penna che può essere smontata completamente grazie anche alla chiavetta allegata (si trova all’intero del rientro della scatola). Un approccio questo molto interessante che consente di provvedere da soli, con un minimo di pratica, alla manutenzione completa della penna senza dover passare da complessi (e spesso anche costosi) centri di assistenza.

Test scrittura Twisbi Diamond 540

Test scrittura Twisbi Diamond 540

Ma i vantaggi di costo basso e buona qualità costruttiva significano poco se manca la qualità principale di una penna, quella nella scrittura. Ma anche su questo aspetto la TWSBI 540 si comporta ottimamente. Ho comprato un extrafine, che pur non essendo ipersottile come potrebbe essere un Sailor, si comporta comunque molto bene, fornendo un tratto sottile con un flusso equilibrato ed una scorrevolezza ottima. Inoltre in quasi una settimana di utilizzo la penna si è sempre dimostrata pronta a scrivere, senza nessuna incertezza nell’avvio.

Riprendo ancora una volta il rituale dei voti, sottolineando come sempre la natura forzatamente soggettiva degli stessi, e la necessità di non tenerne conto più di tanto:

  • aspetto: 8.0 (interessante il corpo sfaccettato)
  • scrittura: 9.0  (comoda, scorrevole e fine per davvero)
  • sistema di caricamento: 9.0 (uno stantuffo con grande capacità)
  • qualità/prezzo: 10.0 (qualità da penne di fascia alta su una economica)

Per concludere si tratta di una penna esteticamente gradevole, con un sistema di caricamento ben realizzato ed una qualità costruttiva ineccepibile ad un prezzo assolutamente concorrenziale, per raggiungere questo livello con altre marche occorre comprare penne con pennino in oro e spendere 4/5 volte tanto, con risultati non sempre allo stesso livello.

Si ringraziano gli amici della Casa della Stilografica, oltre che per la solita disponibilità e gentilezza, per aver fornito le fotografie usate nell’articolo.

Un legame interessante

Scritto il 14 Febbraio, 2012 | da | 1 Comment

Tempo fa, nel cercare fra i brevetti a livello internazionale, avevo notato un brevetto di Armando Simoni, registrato nel 1930 in Francia,  Inghilterra e negli Stati Uniti, di un particolare sistema di caricamento in cui il pulsante sul fondo della penna invece di essere premuto doveva essere ruotato.

Non avendo mai visto questi caricamento su nessuna Omas ho pensato a lungo che si trattasse di uno dei tanti brevetti di sistemi di caricamento presentati e registrati, ma poi rimasti inutilizzati, come questo brevetto della Sheaffer o quest’altro brevetto della Parker.

Ma nel cercare informazioni sui pochi testi disponibili al riguardo della pretestuosa asserzione che un fan della SAFIS ha messo sull’inserto “Penna Vintage” (di cui abbiamo già parlato nel precedente articolo), mi è capitato di  notare, sul prezioso testo di Letizia Jacopini sulla storia della stilografica italiana, una illustrazione del brevetto N° 268827 (come riportato nel testo), che la The King ha usato per un caricamento che potrebbe essere chiamato “a rotore di fondo”, adottato suoi modelli in stile Duofold di fascia più alta.

Lo schema di questo caricamento è riportato in una illustrazione del frontespizio del catalogo The King ritrovato negli archivi della Omas, riportato a pag. 123 nel secondo volume del libro di Letizia Jacopini, che rappresenta una delle poche evidenze documentali al riguardo di questo marchio.

Brevetto di Armando Simoni usato dalla The King

Brevetto di Armando Simoni usato dalla The King

E benché nel catalogo sia disegnato nell’altra direzione si tratta in maniera piuttosto evidente dello stesso caricamento brevettato da Armando Simoni nel 1929 (almeno secondo quanto riportato nel brevetto francese) di cui si è riportata sopra l’illustrazione. Un brevetto che a quanto pare è rimasto tutt’altro che inutilizzato, e che a questo punto fornisce anche una giustificazione per i motivi della conservazione di un catalogo di un concorrente negli archivi della Omas.

Purtroppo nel nostro paese la consultazione on-line dei brevetti, che è libera in tutta Europa, pare persa nei meandri della burocrazia, ma se qualcuno avesse tempo da spendere  (e anche probabilmente denari, visto che dubito sia gratuita) potrebbe levarsi la curiosità di andare a guardare negli archivi cartacei chi è l’intestatario di del brevetto N° 268827 (quello italiano, nei brevetti europei infatti questo numero non risulta).

Il punto comunque è quello che mostra che la The King ha prodotto modelli che usano un brevetto di Armando Simoni,ed è già un secondo caso, oltre quello della penna del dottore marchiata The King, in cui l’azienda Torinese si mostra in debito tecnologico nei confronti del fondatore della Omas. Cosa che smentisce in maniera ancora più consistente la strampalata affermazione per cui la produzione iniziale della Omas sarebbe stata eseguita dalla SAFIS.

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