



Scritto il 31 Marzo, 2011 | da piccardi | 1 Comment
Domenica scorsa, il 27 Marzo, si è tenuta a Trieste la 14a edizione dell’Alpe Adria Pen Show, a cui per la prima volta mi sono deciso a partecipare. Si tratta del primo di una serie serrata di eventi dedicati al mondo della stilografica che in poche settimane si terranno in Italia.
L’evento ha visto una ragguardevole partecipazione di espositori, ne ho contati ben 18, fra cui alcuni provenienti dall’estero, schierati nella hall dell’Hotel NH, in pieno centro di Trieste, una locazione ritenuta, almeno dai partecipanti con cui ho parlato, molto più adeguata rispetto alla precedente nel centro commerciale.
In effetti la hall era pienamente illuminata nonostante la giornata grigia, ed ha permesso di ammirare con calma la vasta esposizione di penne presente. C’è stata inoltre una cospiscua presenza di visitatori molto interessati, che si sono aggirati fra i tavoli per tutta la giornata. Per qualche immagine rimando al precedente articolo, che dovrebbe dare un’idea, sia pure nella scarsa qualità dovuta alle mie ridotte capacità fotografiche, dell’ambiente del Pen Show e della varietà delle penne proposte.
Molto interessante inoltre l’idea di coinvolgere i ragazzi delle scuole con la realizzazione di una serie di disegni sul tema della stilografica, esposti nella hall dell’albergo. Purtroppo in questo caso la mia incapacità fotografica si è rivelata in tutta la sua estensione, le foto che ho preso sono risultate completamente mosse ed assolutamente impubblicabili.
A differenza degli altri Pen Show in questo caso, complice probabilmente l’atmosfera internazionale di Trieste, non c’è stata quella predominanza di attenzione verso le penne italiane, mentre si sono visti alcuni notevoli esemplari di Montblanc e di penne tedesche meno note, ma per questo non meno interessanti, come la Matador a pennino coperto in celluloide, materiale assolutamente inusuale per questo tipo di penne, di cui riporto le foto qui di seguito.
Come sempre un Pen Show è una preziosa occasione per scambiare idee e aprire discussioni con altri appassionati, che sono fiorite sia durante il Pen Show che nella cena degli espositori della sera precedente. Mi han fatto inoltre molto piacere le lunghe chiacchierate con Roberto, fonte inesauribile di informazioni e grande contributore per il Wiki di Fountaipen.it.
Infine un ringraziamento sentito ad Enrico Lena, proprietario del negozio “La Stilografica” ed organizzatore dell’evento, per la gentilezza e la disponibilità mostrata, anche verso un banale visitatore come me, aiutandomi per la sistemazione presso l’albergo e con buoni consigli sul come sistemarsi opportunamente per l’evento.
Unico appunto, ma che non posso certo fare solo a lui, è che 3 pen show in Italia nell’arco di 4 settimane (con in mezzo nell’unica restata libera quello di Colonia, che è uno dei più importanti d’Europa) sono davvero pesanti per un povero appassionato che volesse seguirli tutti, come pure cercherò di fare (uno per fortuna è in casa…).
Mi auguro davvero che gli organizzatori la prossima volta riescano a mettersi d’accordo per distribuirli su un arco di tempo un po’ più dilatato.
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Scritto il 28 Marzo, 2011 | da piccardi | 1 Comment
Con un po’ di ritardo, ma sono stato fuori casa fino a stasera, pubblico le foto del Pen Show di Trieste, mi scuso per le assenze, ma alcune foto purtroppo sono venute male e le ho dovute scartare. Seguirà un resoconto più dettagliato più avanti.
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Scritto il 23 Marzo, 2011 | da piccardi | 53 Comments
Benché abbia posto questo articolo nella categoria delle opinioni, non dirò quale ritengo che sia la migliore marca di penne stilografiche, e non tanto perché non mi voglio sbilanciare, ma proprio perché non ho una risposta alla domanda, e ritengo piuttosto che non possa esistere la marca migliore.
Proviamo a fare qualche esempio, e senza addentrarsi nell’antico che è un mondo completamente a parte. Si sente spesso dire che la migliore marca di stilografiche è la Montblanc (come compare anche su una risposta alla domanda del titolo su Yahoo, che è all’origine di questo articolo).
Certo, se interessa un oggetto esclusivo e molto costoso, da esibire come status-symbol, la Montblanc è adattissima, ma le penne che produce, per quanto di ottima qualità, non sono affatto migliori di penne che costano molto meno. Una qualunque Pelikan a stantuffo scrive altrettanto bene, ha un sistema di caricamento altrettanto valido, un marchio con una storia molto più antica, e costa un terzo. Ma non è di certo altrettanto … “prestigiosa”…
Se invece parliamo di qualità della scrittura, un pennino Sailor ha una scorrevolezza superiore a quella di qualunque altra marca, ma le loro penne, per quanto ottimamente costruite, non sono poi un granché sul piano stilistico.
La qualità costruttiva di una Pilot è probabilmente la migliore di tutte, ha prodotto alcuni dei design più originali (come la Capless) ma sul piano della gradevolezza di uso la Sailor la supera, e sul piano tecnico una qualunque penna a stantuffo è nettamente superiore a entrambe le precedenti per metodo di caricamento.
E cosa dire dei materiali? La resina preziosa della citata Montblanc non è altro che una delle innumerevoli varianti di resine plastiche che oggi vengono usate da tutti produttori. Di certo non è più preziosa della celluloide usata ancora da qualche azienda (come Visconti ad esempio). Ma è il materiale prezioso a rendere migliori? Ci sono pessime penne malfunzionanti in oro e gioielli, e non è certo il costo del materiale a dare la qualità.
Alla fine una risposta non c’è, casomai c’è un’altra domanda.
Migliore in che senso?
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Scritto il 20 Marzo, 2011 | da piccardi | No Comments
Anche questa correzione riguarda una piccola imprecisione sulle date trovata su un altro testo di grande interesse. Il libro in questione è “La storia della Aurora dal 1919 ai giorni nostri” di Luca De Ponti, pubblicato nella collana i “Libri di penna”, della omonima rivista. Il libro è di fondamentale interesse per approfondire la storia di uno dei principali marchi storici della produzione italiana, e purtroppo è oramai quasi introvabile.
La svista in questione si trova a pagina 16, in cui si parla dei modelli a levetta dell’Aurora, e si dice che questo sistema di caricamento era stato brevettato nel 1908 da Sheaffer e commercializzato nel 1914. Ma in realtà la commercializzazione delle stilografiche della Sheaffer iniziò, come riportato da numerose fonti (una per tutte, questo articolo di David Nishimura), nel 1912, mentre la fondazione ufficiale della stessa è del primo gennaio 1913.
Come in altri casi si tratta di un errore marginale (tanto più che la storia iniziale della produzione Sheaffer è alquanto oscura), che non toglie alcun valore ad un libro di grande interesse che costituisce un punto di riferimento essenziale per quanti vogliono approfondire la storia della Aurora.
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Scritto il 12 Marzo, 2011 | da piccardi | No Comments
Dopo aver parlato in un precedente articolo di una sua imitazione italiana, stavolta voglio soffermarmi sull’originale da cui praticamente tutte le aziende italiane, a partire dalla Omas, han tratto ispirazione per i loro modelli degli anni ’30 e ’40, il modello Doric della Wahl-Eversharp.
La penna venne lanciata sul mercato dalla Eversharp nel 1931, e rimase in produzione fino al 1942, passando attraverso una ristilizzazione, effettuata nel 1934, che introdusse un nuovo sistema di caricamento, diversi colori e diverse versioni, mantenendo però l’inconfondibile stile classico (il nome faceva riferimento all’omonimo stile delle colonne greche) di un corpo sfaccettato a 12 lati, con la punta del cappuccio ed il fondello di forma conica.
Quella introdotta sul mercato nel 1931, denominata dai collezionisti come prima serie, era contraddistinta da una elaborata veretta a motivi traforati (un linea di rombi centrale, e due di lineette ai bordi). Il fermaglio era l’evoluzione di quello a rotellina usato dall’azienda fin dalla sua produzione iniziale grazie al brevetto acquisito insieme alla Boston Fountain Pen, anch’esso spudoratamente copiato dagli imitatori nostrani, in cui la sferetta veniva sostituita da un cilindretto. Come gli altri modelli di punta dell’azienda prodotti in quel periodo la penna era fornita con il sistema di pennino intercambiabile “Personal Point“.
La prima serie venne proposta in celluloide, realizzata in cinque diversi colori contraddistinti da nomi esotici: Burma (Grigio/Blu marmorizzato), Morocco (Rosso/Marrone marmorizzato) e Cathay (Verde chiaro striato), Jet (nero), ed infine Kashmir (Verde scuro marmorizzato), che sono mostrati nelle scansioni delle due pagine di pubblicità del Giugno 1931, pubblicate in occasione del lancio del nuovo modello.
Ma in questa recensione noi parleremo di una stilografica realizzata nel sesto colore usato nella produzione delle Doric della prima serie, che non compare in nessuna pubblicità, un classico Pearl and Black, di cui ovviamente esistono pochi esemplari rispetto agli altri e che alcuni collezionisti sostengono, ancorché non ve ne siano conferme, essere stato prodotto appositamente per i rappresentanti.
Un altro punto di distinzione della penna presa in esame è il particolarissimo pennino “Adjustable Point“, probabilmente il più complesso pennino mai prodotto, introdotto all’incirca nel 1932 e caratterizzato da una ghiera scorrevole che, almeno teoricamente, consente di modificarne la flessibilità. In realtà il meccanismo funziona abbastanza poco, ed è piuttosto delicato per cui capita abbastanza spesso che la ghiera si rompa, rendendolo scarsamente utilizzabile, per questo motivo nella maggior parte dei casi si lascia la ghiera sempre nella stessa posizione, perdendone i vantaggi.
La penna in questione come dicevo è un esemplare della misura più grande (misura 14,4 cm di lunghezza, e rispettivamente 1,5 ed 1,3 cm di diametro sui punti più larghi di cappuccio e corpo). Le condizioni di conservazione sono molto buone, nonostante una moderata discolorazione, praticamente sempre presente sulla celluloide di questo colore.
La penna, altra caratteristica notevole, non presenta nessuna iscrizione, cosa invece generalmente presente negli esemplari di questo colore, che è una delle ragioni che ha portato alcuni collezionisti ad ipotizzarne appunto la distribuzione ai soli rappresentanti (che avrebbero avuto esemplari monogrammati in modo da non poterli vendere).
Il pennino è proprio un “Adjustable Point” nella corretta misura 9 (sulle penne di queste dimensioni venivano montati i pennini più grandi, nelle misure 9 e 10), che scrive con un flusso regolare e grande scorrevolezza, ma come del resto accennato, non mantiene poi molto le sue promesse di variazione della flessibilità, e come si può notare dall’esempio di scrittura precedente (inchiostro blu/nero Jentle Ink BBK Sailor su taccuino Blasetti), non presenta che una impercettibile variazione del tratto anche quando posto nella posizione di massima apertura.
Nonostante le dimensioni generose la penna risulta perfettamente bilanciata sia con che senza cappuccio, ed dimostra un funzionamento eccellente, adattissimo, se non fosse un modello raro da salvaguardare, alla scrittura di tutti i giorni.
Questo modello denota infine una qualità costruttiva (spessore della celluloide, realizzazione delle finiture, robustezza generale) assolutamente ineccepibile, a cui la Columbus del precedente articolo non si avvicina neanche lontanamente, e che resta nettamente superiore a tutte le imitazioni italiane dello stesso periodo (tranne forse quelle della Omas).
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Scritto il 9 Marzo, 2011 | da piccardi | No Comments
Reinoltro e pubblico la seguente comunicazione ricevuta oggi dalla ACPS (Associazione Collezionisti Penne Stilografiche):
Carissimo,
Ho il piacere di comunicarti che il giorno Domenica 17 Aprile 2011 si terrà a Firenze la prossima mostra scambio di penne stilografiche e materiali di scrittura organizzata dalla nostra associazione con orario dalle ore 10 alle 16.
La mostra si terrà presso la sala Michelangelo del Grand Hotel Baglioni sito in Piazza Unità Italiana 6 a Firenze, che si trova di fronte alla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella (Tel: +39.055.23580 Fax: +39.055.23588895). L’ingresso è riservato agli associati dalle ore 10 alle 13 e libero dalle ore 13 alle ore 16.
Se sei interessato potrai prenotare un tavolo per esporre la tua collezione o le penne che vuoi scambiare contattando entro il giorno 11 Aprile, Marco Vanzi (055.7398731 – 333.8175873) o Giovanni Scrivere (348.2110095 – 055.578236) oppure inviando una email ad acps.segreteria@gmail.com. ; per l’utilizzazione del tavolo (80 cm x 120 cm) l’associazione chiede un rimborso spese di € 80,00.
Per l’allestimento del tavolo è consentito l’ingresso dalle ore 8.45 ed è richiesta la presenza fino a chiusura mostra (ore 16).
Alcuni soci nostri si incontreranno sabato 16 Aprile a cena in un ristorante fiorentino, se vuoi partecipare anche tu occorre una tua conferma telefonica contattando i riferimenti sopra indicati con almeno dieci giorni di anticipo. Il luogo sarà stabilito sulla base delle adesioni che avremo.
Per il pernottamento non è stato indicato nessun albergo convenzionato , in quanto abbiamo riscontrato che le tariffe che offre internet possono essere molto più convenienti di quelle che possiamo offrire noi.
Se non hai ancora provveduto a rinnovare l’associazione per l’anno 2011/12 potrai farlo in sede mostra mediante versamento di € 10,00.
Colgo occasione per ricordare che le successive mostre si terranno a :
MILANO 16/10/2011 Hotel nh President Largo Augusto – tel. 02/77461.
BOLOGNA 20/11/2011 Hotel Mercure (di fronte alla Stazione Centrale) – tel. 051/42211.
FIRENZE 01/04/2012 FirenzeLuogo da definire
Cari saluti.
Giovanni Scrivere
ACPS
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Scritto il 1 Marzo, 2011 | da piccardi | 1 Comment
Inizio con questo articolo una serie brevi note relative a correzioni di piccoli errori che mi capita di trovare qua e là su vari testi, per il resto assolutamente validi, dedicati alla storia della stilografica.
Si tratta di piccole sviste, quasi sempre relative a riferimenti sbagliati per date concernenti produzioni di paesi diversi da quelli che si stanno trattando (testi americani quando trattano di produzioni europee o viceversa), che non inficiano il valore del testo, ma che è bene avere presente.
Il primo errore di questa seria di segnalazioni si trova a pagina 13 del primo volume del bellissimo libro di Letizia Jacopini sulla storia della stilografica stilografica italiana (La storia della stilografica in Italia 1900-1950, ISBN 8890101210), fonte inesauribile di informazioni per la storia della produzione fatta nel nostro paese, il cui acquisto è comunque fortemente consigliato.
Nel fare riferimento all’ondata di imitazioni italiane del modello Duofold della Parker, si dice che questa è stata introdotta nel 1924, ma la data esatta è il 1921, e che esistesse in commercio prima del 1924 si può evincere anche dalla data riportata nella pubblicità precedente. Lo stesso riferimento errato viene ripetuto anche a pagina 23, nella voce sul glossario relativa allo “Stile Duofold”.
Come si vede un piccolo errore, che non inficia, come già detto, la assoluta validità del testo, cui anche io debbo moltissimo per le notizie sui produttori italiani pubblicate su FountainPen.it.
Scritto il 26 Febbraio, 2011 | da piccardi | 1 Comment
Con la comunicazione degli ulteriori eventi organizzati dalla ACPS, è finalmente disponibile il calendario (presumibilmente completo) delle Mostre Scambio/Pen Show che si terranno in Italia nel 2011.
Con una importante novità, quest’anno sarà organizzato un nuovo evento anche a Torino, una delle città più importanti (se non la più importante) nella storia della stilografica italiana.
Quella che segue è la lista degli eventi italiani, il calendario completo, comprendente anche gli eventi internazionali, lo trovate aggiornato sulla relativa pagina del, raggiungibile con il link omonimo in alto a destra.
Data | Luogo |
27 Marzo | Trieste |
3 Aprile | Roma |
17 Aprile | Firenze |
17 Settembre | Torino |
16 Ottobre | Milano |
20 Novembre | Bologna |
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Scritto il 18 Febbraio, 2011 | da piccardi | 3 Comments
Visto che in un’altra recensione vi ho fatto un accenno, in questa recensione prenderò in esame un esempio di penna italiana il cui valore a mio avviso viene molto spesso sopravvalutato. E visto che si tratta di una recensione abbastanza particolare, approfitterò inoltre dell’occasione per analizzare una stilografica le cui condizioni di conservazione sono tutt’altro che perfette.
E’ normale infatti, quando si ha a che fare con penne antiche, trovarsi di fronte ad esemplari che portano su di sé i segni sia dell’età che di un uso poco accorto. Per questo credo che sia corretto prendere in considerazione con la dovuta rilevanza anche questi aspetti, che qualunque collezionista serio dovrà affrontare, dato che sono una caratteristica tipica dell’antico, che non è fatto solo di esemplari perfetti e perfettamente funzionanti.
La penna in questione è una Columbus, prodotta da una delle aziende italiane più antiche (la ditta è stata fondata dai fratelli Verga nel 1918 a Milano). Si tratta pertanto di una azienda storica, nata prima delle ben più famose Aurora ed Omas, la cui qualità di produzione però è quantomeno altalenante.
La penne in esame è una Columbus Extra G (G sta per grande) una penna in celluloide sfaccettata con caricamento a levetta, prodotta a partire all’incirca dal 1935. La penna riprende, come gran parte della produzione italiana di quel periodo, lo stile della Doric della Eversharp, e doveva essere uno dei modelli di punta dell’azienda. Nel caso specifico si tratta di un modello “autarchico” con finiture cromate e pennino in acciaio.
La penna è in celluloide di un bellissimo colore blu/azzurro variegato, la qualità della costruzione però lascia alquanto a desiderare, ed è nettamente inferiore a quella sia dell’originale che di altre imitazioni: il materiale è molto sottile e dà una impressione generale di fragilità.
Sarò stato sfortunato, o sarò incappato in modelli prodotti in un periodo negativo dell’azienda, ma i pochi esemplari che possiedo di questa marca mi sembrano realizzati con finiture piuttosto grossolane e con una qualità generale più vicina alle produzioni di seconda o terza fascia americana, piuttosto che agli altissimi livelli di altri produttori.
La penna presenta inoltre alcuni difetti, il cappuccio è leggermente deformato, e non chiude bene sulla filettatura del corpo né calza correttamente sul fondo. La banda del cappuccio inoltre risulta danneggiata e sono evidenti i segni rimasti dopo il restauro. La clip è a freccia e non è chiaro se sia davvero originale o sia stata sostituita nel restauro o in precedenza (in genere queste penne montano una clip a rotellina).
La penna è di dimensioni generose, e ben bilanciata, il pennino è un medio molto scorrevole che scrive benissimo, ed inoltre è dotato di una grande flessibilità che lo rende estremamente gradevole nella scrittura. L’essere realizzato in acciaio gli dà inoltre una maggiore resistenza agli sforzi e si riscono, come si può vedere nel test di scrittura riportato (Jentle Ink Sailor blu-nero su carta Pignastyl), ad ottenere grandi variazioni di tratto applicando un po’ di pressione.
La penna, nonostante le condizioni generali non eccellenti, risulta comunque tranquillamente utilizzabile e molto piacevole nella scrittura, anche se la presenza del restauro, le problematiche relative al posizionamento del cappuccio e la conseguente delicatezza dell’insieme non la rendono il candidato ideale per gli strapazzi dell’uso quotidiano.
Ma indipendentemente dalle condizioni non buone di questo esemplare è la qualità della produzione della Columbus, almeno di quella di questo periodo, che mi lascia assai perplesso, ancora di più considerando i prezzi tutt’altro che abbordabili che queste penne finiscono per avere. E se è comprensibile che la relativa rarità (dovuta comunque ad un limitato successo del marchio) ne aumenti le quotazioni, trovo assolutamente esagerati i livelli che si raggiungono.
Per cui alla fine, a meno che non abbiate una passione specifica per questo tipo di penne o per la marca o per le particolari (ed oggettivamente affascinanti) colorazioni della celluloide, il mio consiglio spassionato è quello di puntare ad un originale (vale a dire una Doric) piuttosto che ad una imitazione italiana di qualità assai discutibile. Ed è quasi sicuro che spenderete meno, per una penna la cui qualità costruttiva risulterà nettamente superiore a quella di una Columbus.
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Scritto il 8 Febbraio, 2011 | da piccardi | 3 Comments
Dopo una serie di bufale estere, riprendiamo la serie con una bufala nostrana, che riguarda una delle penne italiane considerate fra le più desiderabili sul piano collezionistico, la Etiopia della Aurora. La storia in questione è quella che narra come la penna sia stata realizzata dall’Aurora per essere fornita in dotazione agli ufficiali dell’esercito partecipanti alla campagna di Etiopia.
La penna infatti ha le caratteristiche tipiche delle cosiddette trench-pen già prodotte da altre aziende (come Parker e Swan) per essere usate al fronte durante la prima guerra mondiale. Si tratta cioè di una penna con caricamento a contagocce dotata di un fondello rimuovibile utilizzato come serbatoio per le pastiglie di inchiostro, in modo di consentire l’uso della penna anche in condizioni estreme come quelle delle trincee o, nel caso in questione, del deserto.
Per caricare una trench-pen basta infatti procurarsi dell’acqua con cui riempire il corpo della penna, e poi sciogliervi una delle pastiglie di inchiostro in dotazione alla stessa. Un sistema molto semplice, anche se piuttosto rozzo, con il vantaggio della robustezza.
A differenza delle penne usate nella grande guerra (rigorosamente in ebanite, dato che la celluloide iniziò la sua diffusione come materiale intorno al 1920) l’Etiopia venne prodotta in normalissima celluloide color avorio (uno dei primi impieghi di questo materiale, che portò alla sua creazione era infatti quello di trovare un sostituto per l’avorio nella costruzione delle palle da biliardo e nei tasti dei pianoforti), questo nonostante si fosse in un periodo in cui erano di moda colori sgargianti ed estremamente sofisticati. Ma l’avorio, in tinta unita e senza le variegature e marmorizzazioni tipiche dei materiali usati per le altre penne, trovava la sua giustificazione come una colorazione ritenuta più adatta all’uso della penna nel deserto.
Le storie tramandate dai collezionisti narrano, a seconda delle versioni, che la penna era destinata agli ufficiali in missione in Etiopia o financo esplicitamente prodotta dall’azienda a questo scopo per l’esercito italiano. Questa caratteristica la renderebbe pertanto molto rara, oltre che di grande interesse storico, tanto che in questo articolo di Stylophiles, periodico della associazione dei collezionisti americani (“The Pen Collectors of America“) si parla di una decina di esemplari.
Peccato che ancora una volta tutto questo sia semplicemente falso. In questo caso non si può imputare la propagazione della bufala all’Aurora, la cui sola “colpa” pare sia stata soltanto quella di aver saputo sfruttare abilmente la propaganda del regime fascista riguardo al raggiungimento dell’impero, per immettere sul mercato una penna che ne evocasse il successo.
La storia comunque non regge. Anzitutto occorre notare che la penna compare nei cataloghi dell’Aurora del 1936 e del 1938, quindi a guerra già finita (la proclamazione dell’Impero da parte del regime fascista è del Maggio 1936) ed è pertanto abbastanza evidente che la penna non era stata prodotta per essere consegnata agli ufficiali che dovevano andare in guerra.
Un secondo fatto che costituisce una ulteriore smentita è che la penna veniva commercializzata nei punti vendita dell’Aurora (sono state ritrovate alcune locandine con la menzione della stessa) ed esistono vari espositori dedicati a questa penna, pertanto la produzione a soli fini militari può essere ulteriormente esclusa.
Difficile dire da cosa origini la storia, che ho sentito per la prima volta almeno venti anni fa. Essendo però interessante ed evocativa, e richiamando eventi storici, come per molte altre finisce per l’essere ripetuta acriticamente, dato che alla fine costituisce un buon racconto che può risultare utile per far salire il prezzo della penna oppure, come in questo caso, per riempire un articolo…
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