Quando si parla di Maki-e …
Scritto il 23 Ottobre, 2013 | da piccardi | No Comments
Il Maki-e è una lavorazione artigianale tradizionale giapponese antichissima, che venne introdotta nel mondo delle stilografiche negli anni ’20 dalla Pilot, alla ricerca di una innovazione che le permettesse di uscire dalla pedissequa imitazione dei modelli americani.
La bellezza delle lavorazioni emerse immediatamente tanto che Dunhill cercò in tutti i modi di accaparrarsi la possibilità di commercializzare a suo nome quelle penne, ma dovette cedere alla inflessibile volontà di Masuo Wada, socio del fondatore Ryosuke Namiki, ed usare il marchio congiunto Dunhill-Namiki.
Rimasta a lungo una decorazione disponibile solo su stilografiche giapponesi, negli ultimi anni l’uso di questa raffinatissima e costosa tecnica artigianale è stato adottata anche da alcuni produttori europei (ad esempio Visconti e Pelikan) con una inversione dello stereotipo per cui erano i giapponesi a copiarci.
Benché comunque anche queste produzioni europee siano state fatte eseguire da maestri giapponesi, quando si vuole parlare di Maki-e ai massimi livelli, occorre rifarsi alle origini, ed ancora oggi il vertice della produzione con questa lavorazione resta appannaggio dell’azienda che l’ha introdotta, la Pilot.
Poter contemplare direttamente questo vertice però è alquanto difficile, le penne della classe di pregio più alta, quelle che nella classificazione originale erano chiamate di grado A, sono, anche per la produzione moderna, estremamente costose, in quanto realizzate esclusivamente a mano e firmate una per una dai maestri artisti/artigiani (che in Giappone vengono considerati “monumenti nazionali viventi”) che le producono. Dati i prezzi, che sono dell’ordine delle decine di migliaia di euro, queste penne sono alquanto difficili da vedere in giro.
Per questo quando al Pen Show di Amburgo mi è capitato di avere fra le mani una Emperor Double Dragon, un esemplare praticamente unico, non mi sono fatto sfuggire l’occasione per qualche fotografia prima di restituirla al fortunato proprietario…
Purtroppo per le mie scarse qualità di fotografo le immagini non rendono che una pallida idea dello splendore di questa penna, e forse, vista l’assenza di punti di riferimento, neanche della sua effettiva “imponenza”: si tenga presente infatti che la penna è almeno un paio di centrimetri più lunga e ben più larga della già esageratamente grande Montblanc 149.
Di fronte ad una simile meraviglia, ci si accorge quanto anche le migliori intenzioni dei produttori europei di inserirsi in questo campo, non siano che pallide imitazioni.
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