Pilot Custom Heritage 912 (pennini)
Scritto il 14 Dicembre, 2014 | da piccardi | No Comments
La Custom Heritage 912 è uno dei modelli di fascia medio alta della Pilot, una penna di dimensioni medio/grandi, in resina plastica di ottima qualità, con caricamento a cartuccia/converter.
Sulla penna in sé c’è poco da dire, la qualità della lavorazione è nello standard della Pilot, cioè ineccepibile sotto tutti i punti di vista. Lo stile, con linee affusolate ed estremità piatte, si pone come intermedio fra “flat-top” di penne come la Custom 74, o l’affusolato ogivale di penne come la Custom 823. Non è che mi piaccia più di tanto (ovviamente è questione di gusti), ma resta comunque una linea sobria ed elegante, perfettamente adatta a chi gradisce uno stile “classico”.
Ma questa recensione non riguarda tanto la penna, quanto i pennini con cui può essere equipaggiata, che si ritrovano anche su altre penne dell’azienda (tutte quelle che montano la misura 10, come ad esempio la Custom 742) che presentano, al di là delle classiche misure fine (F), medio (M) e largo (B), alcune varianti speciali, di grande interesse.
Fra questi sono particolarmente interessanti due che si possono classificare come gli estremi contrapposti, l’estralargo C (Coarse) che si può tranquillamente equiparare ad un BBB antico, ed il PO (Posting) che invece è un extrafine di precisione spaventosa. Oltre a questi ho potuto provare il WA (Wavily) un fine con una leggera variazione di tratto sull’inclinazione verticale, ed il FA (Falcon), un flessibile analogo a quello montato sulla penna omonima.
Iniziando con i primi due, si può dire che tratta in ambo i casi di due pennini scorrevolissimi (ovviamente il PO meno del C, se non si usa carta particolarmente liscia, a causa delle sue caratteristiche di finezza), con un flusso adeguato (che con il C significa però dover contare su abbondanti scorte di inchiostro, visto l’abbondanza del tratto). Entrambi sono rigidi, cosa ancor più evidente con il PO che nella prova precedente non ha dato segni di variazione del tratto pur premendo come un dann … ehm in maniera consistente.
Personalmente, non amando i tratti ampi, posso dire che trovo il C veramente esagerato; però in questo caso, essendo quello lo scopo per cui è nato, è un fatto da considerare come caratteristica totalmente positiva. Il tratto è tranquillamente sopra il mm di spessore, costante. Il pennino infatti non è, per scelta, un tagliato, ed impressiona anche per questa caratteristica.
Il PO ha una precisione di scrittura spaventosa (il testo piccolo nella prova è sotto il mm di altezza) unita ad una scorrevolezza davvero notevole, considerando la dimensione così sottile della punta. Molto positivo anche per la caratteristica di avere un flusso ben regolato che consente di sfruttarne fino in fondo la finezza, senza allargare il tratto per un eccesso di inchiostro (nel caso un Herbin Perle Noir).
Il terzo pennino preso in esame è il WA (Wavily), caratterizzato, grazie ad una punta curvata verso l’alto, da una variazione di tratto nell’inclinazione verticale, come illustrato nel test di scrittura. Più fine se usato in verticale, più largo inclinando la penna verso il basso. Personalmente trovo la variazione alquanto limitata e scomoda da ottenere, però il pennino si dimostra estremamente scorrevole e la scrittura molto gradevole.
Infine l’ultimo, e quello potenzialmente più interessante, è il Falcon (FA) che si dimostra un vero flessibile, fra i moderni in assoluto il migliore, sul piano della flessibilità, di tutti quelli che mi sia capitato di provare. Il pennino è infatti molto elastico, ha un ottimo ritorno ed arriva ben oltre il mm di larghezza senza uscire dall’intervallo di flessibilità.
Se le cose si fermassero qui, considerato che è anche fine, e molto fine se tenuto verticale e scrivendo molto leggero, (ma in tal caso diventa estremamente scomodo sfruttare la flessibilità) sarebbe da 10 e lode. Purtroppo, come si evidenzia nelle prove, appena si prova ad andare oltre il mm di spessore, diventa molto facile ottenere il ben noto “effetto binario”.
Il problema, che si manifesta anche a pennino appena intinto (e non è quindi un problema di mancanza di afflusso di inchiostro dal serbatoio) evidenzia una insufficienza proprio dell’alimentatore stesso, che non riesce a gestire il flusso per un apporto di inchiostro sufficiente quando si vuole sfruttare fino in fondo le caratteristiche del pennino.
In questo caso non mi esprimo nel rituale dei voti sulla penna, che avrebbero poco senso perché l’attenzione delle prove era rivolte ai pennini e non alla penna in quanto tale. Per i primi due, anche se il C è quanto di più lontano ci possa essere dai miei gusti personali, non si può che dare un giudizio molto positivo, forniscono quello per cui sono progettati in maniera eccellente.
Mi lascia perplesso invece il WA, non perché non scriva bene, ma perché non ne vedo l’utilità, controllare la variazione di tratto variando l’inclinazione della penna è infatti abbastanza scomodo, e nell’uso naturale serve solo a rendere (nel caso specifico impercettibilmente visto che la differenza è minima) più sottile la parte terminale dei tratti diritti. Resta comunque un buon pennino scorrevole di gradazione medio/fine, ma di speciale alla fine ha ben poco.
Resto infine deluso dal Falcon, sul quale riponevo aspettative molto alte, che avrebbe potuto benissimo ripagare. Sia chiaro, se non si preme molto e ci si accontenta di una frazione della sua reale flessibilità, il problema del “railroading” diventa praticamente assente. Ma questo non lo pone più all’altezza dei concorrenti antichi, né al di sopra dei concorrenti moderni. Resta un ottimo pennino flessibile “a mezzo”, estremamente piacevole e scorrevole, ma il senso di incompiutezza purtroppo, almeno per me, prevale.
Si ringrazia Marco Moricci e la Casa della Stilografica per aver messo a disposizione le penne con i vari pennini per le prove, e la fotografia usata nella recensione.
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